Movimento5Stelle- Pro? Contro?

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  1. Vonnegut
     
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    CITAZIONE
    Perché Grillo non è l’alternativa
    di Paolo Flores d'Arcais

    La speranza di un’AltraItalia, può essere affidata a Beppe Grillo e al movimento che ne riconosce il dominio carismatico? L’accusa di qualunquismo ne ingrassa i consensi, ovviamente, visto il pulpito da cui vengono le scomuniche: i sepolcri imbiancati di una partitocrazia che ha infangato nell’ipocrisia o addirittura nel crimine tutti i valori, le bandiere, le parole che della politica possono fare la nobiltà.

    Sarà bene anzi ricordare che in Italia da vent’anni a questa parte le elezioni le vince solo chi riesce a presentarsi come il campione dell’antipolitica, almeno nell’immaginario dei cittadini. In primis Berlusconi, con la potenza di fuoco delle sue menzogne mediatiche. Perfino Prodi deve la sua prima vittoria all’idea che l’Ulivo contenesse un “valore aggiunto” (della società civile) rispetto alla somma dei partiti, e in difformità da essi.

    Del resto, questa vituperata “antipolitica” si è manifestata per anni e in mille piazze come volontà intransigente di rispetto dei valori della nostra Costituzione (nata dalla Resistenza antifascista e ad essa ispirata, come si cerca ossessivamente di far dimenticare), contro l’oblio dei medesimo da parte dei politicanti di professione, o addirittura lo scempio che ne ha fatto Berlusconi con i suoi lanzichenecchi di regime e altri compagni di merenda.

    Dunque, la liberazione dal marciume partitocratico può avvenire solo grazie a una politica radicalmente nuova. Ma vincente. Senza conquistare il governo resteremmo in presenza di una testimonianza, magari moralmente nobile, che lascerebbe intatte prevaricazioni di potere e dismisura di privilegi di establishment. C’è dunque il dovere di un “realismo minimo”, che è dato almeno dalla responsabilità di prendere sul serio il meccanismo elettorale con cui si voterà. Probabilmente con l’attuale “Porcata”, in forza della quale o si fa parte di una coalizione potenzialmente vincente o si è relegati al ruolo di testimonianza/opposizione.

    Il movimento di Beppe Grillo, poiché rifiuta ogni alleanza, potrà proporsi come AltraItalia solo quando raggiungesse il 35/40% dei voti. Come dire alle calende greche. Disperante, almeno per chi non crede che la giustizia si otterrà nell’aldilà. Bisognerà pur dirlo, una buona volta, che scegliere programmaticamente la testimonianza, quando è a portata di mano la possibilità di vincere le elezioni su un programma alternativo, può regalare opulenza di soddisfazioni narcisistiche, ma resta subalternità allo “statu quo” che si denuncia come insopportabile e si dichiara di voler combattere.

    La risposta dei “grillini” è nota: Pd e Pdl sono identici, il ruolo di mera opposizione/testimonianza è obbligato, il governo resterà comunque “cosa loro”. Ammettiamo pure che dirigenti Pd e Pdl siano della stessa pasta (cinismo, malaffare, mediocrità …), certamente di pasta diversa è almeno una parte dei rispettivi elettorati (e anche della “base” militante, non ancora del tutto scomparsa). Di fronte a una ruberia il berlusconiano non fa una piega, quello di sinistra si infuria. Un governo di centro-sinistra non potrebbe permettersi altri salassi ai ceti più deboli e altre leggi-bavaglio. Le lotte per “giustizia e libertà” avverrebbero in un orizzonte meno difficile. Già questo basta a fare la differenza.

    C’è poi il carattere “padronale” di “Cinque stelle”, troppe volte rimosso in modo corrivo, dove chi è fuori e chi è dentro lo decide sovranamente e inappellabilmente Beppe con la procedura del Minosse dantesco che “giudica e manda secondo ch’avvinghia”. Proprio mentre il coro intona a più non posso “siamo tutti eguali, ciascuno conta solo per uno”. Tutti i meriti che accumulano i giovani “grillini” col loro operare coerente e pulito non possono cancellare questa scomoda verità. Resa più sgradevole dal fatto che questi stessi militanti – meritori sotto ogni altro aspetto – giurano di non vederla, perdendo con ciò credibilità, come avviene con ogni dogmatismo di appartenenza.

    Ecco perché l’unica strada praticabile per l’AltraItalia resta quella di una lista di società civile “dentro e contro” la coalizione di centro-sinistra. Sfidando gli attuali gruppi dirigenti sul terreno delle primarie, del programma, dei consensi. Solo se la nomenklatura di Bersani (col silenzio di Vendola e Di Pietro) rifiutasse, regalando le elezioni alle destre, andare da soli diventerebbe inevitabile.

    Chi potrà dar vita a questa lista “dentro e contro”, capace di condizionare radicalmente la coalizione di centro-sinistra fino ad egemonizzarla (è già accaduto in importantissime città)? L’ho già scritto più volte: testate giornalistiche, sindacati che non si piegano, una “massa critica” di personalità rappresentative, il combinato disposto di tutti e tre questi fattori.

    Oltre un secolo fa, milioni di cittadini inglesi erano senza rappresentanza. Alcune “Unions” (sindacati di categoria) e la “Fabian Society” (oggi sarebbero i club di società civile e intellettuali) promossero la nascita di una lista nuova, il “Labour Party”. Un precedente nobile e riformista. Che qualche “Union” italiana (come la Fiom, tanto per non fare nomi) potrebbe rinverdire. Catalizzando le sparse (ma consistentissime) forze della società civile che vuole un governo di “giustizia e libertà”.

    Le condizioni storiche sono abissalmente diverse, va da sé. Ma anche oggi, come allora, ci sono milioni di cittadini che non trovano rappresentanza attraverso le forze organizzate esistenti. E movimenti di lotta e di opinione con cui questi milioni di cittadini simpatizzano. Un parlamento in cui non siamo rappresentati rende la nostra una democrazia limitata, miserabile e monca.

    MicroMega (6 maggio 2012)

     
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45 replies since 29/4/2012, 11:09   536 views
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